Hic sunt leones

by Vania Broccoli

Immaginate di potervi affacciare con lo sguardo nell’anima delle persone e di vederne con estrema chiarezza i sogni mai realizzati, i progetti di vita, i desideri più profondi rimasti impigliati chissà dove. Ecco, le immagini che compongono il progetto Hic sunt leones di Vania Broccoli hanno proprio questo potere magico: introdurci in quella zona intima, preziosissima e frangibile in cui hanno sede gli orizzonti di vita.
Inizialmente Vania pensava di lavorare negli orfanatrofi in Albania. Stava preparando una mappa per il suo itinerario fotografico, quando venne a sapere che a Rosà, vicino Vicenza, poco distante da dove si era trasferita a vivere, si trovata una Residenza Sanitaria per Disabili: l’“Istituto Palazzolo per Istituti Pii”. Un luogo nato circa un secolo fa per accogliere le orfane dei dintorni, divenuto poi anche residenza per disabili fisici e mentali.
Questa deviazione casuale è stata la prima scintilla per una nuova ipotesi di lavoro, poi concretizzatasi in Hic sunt leones. Un progetto coraggioso e sensibile, che infrange pregiudizi e fa circolare ossigeno e colori dentro e fuori le mura di un luogo evitato e temuto da molti, perché abitato dal “diverso”. Un progetto che ci ricorda il valore del tempo.
Inizialmente Vania decide di “limitarsi” a “stare” con le ospiti dell’Istituto, per conoscerle, comprenderne le abitudini e farsi conoscere da loro. Passano mesi e arriva il momento di portare con sé la macchina fotografica, di iniziare a scattare, per raccontare la quotidianità di quelle persone. Ma proprio mentre la fase operativa prende il via, accade qualcosa che rimette tutto in discussione. Alcune ospiti vengono a mancare, all’improvviso e Vania sente che le serve una pausa, una distanza per capire meglio la direzione da prendere. Sente che deve andare più in profondità.
Passano altri mesi e quando ha messo a fuoco il nuovo traguardo torna per proporlo alla direzione e agli operatori: vuole raccontare ogni donna ospite nell’Istituto, costruire insieme ad ognuna di loro l’ambientazione per ritrarla, scegliendo insieme oggetti, abiti, ogni cosa. Tutti gli scatti saranno eseguiti dentro la residenza, perché quel luogo per loro è “casa”, le fa sentire al sicuro.
Queste premesse creano una partecipazione attiva, che contribuisce in modo sostanziale ad ampliare l’apertura nei confronti di Vania. Le fotografie lasciano intravedere in filigrana tutto il tempo che è stato necessario a raggiungere tanta insospettata bellezza, solitamente celata nelle esistenze di persone a loro volta invisibili. Il tempo della conoscenza e della fiducia.
Gli spaventosi leones che vediamo ritratti sono in realtà leonesse, private della loro presunta aggressività, alle quali sono state restituite facoltà fondanti: uno sguardo più esteso, talvolta il sorriso e poi l’opportunità di abitare i sogni di vite non vissute, ma volute, immaginate fino all’imprevista possibilità di crearne un riassunto, una sintesi concentrata in un’immagine.
La scelta di usare il colore per Vania è legata proprio alla necessità di dare dignità alle persone ritratte, alla loro personalità: l’ascolto reciproco, la profondità degli scambi, per lei passano anche attraverso il colore.
L’esito di questo lungo lavoro, delicatissimo e visionario, è una galleria di “ritratti interiori”, che Vania regala al nostro sguardo ribaltando l’immaginario consueto che vuole i disabili, fisici o mentali, tristi, contriti, portatori di dolore e portavoce di mancanze. Invece davanti ai nostri occhi prende vita una sequenza di immagini straordinarie e impensate, a volte struggenti, che ci mostrano ogni “leonessa” nel suo vero habitat naturale, protagonista del proprio sogno: sogni di matrimonio o di maternità, di nobildonna, ballerina o indossatrice, di infanzia eterna, di spazi protetti o di rigore militare. Una spremitura di umanità che porta a galla l’invisibile dando voce a chi non ne ha e investendoci con un arcobaleno di inaspettate coniugazioni della dignità.
La dignità di Vania è colorata, intima, potente come solo le cose fragili sanno essere. E ci lascia in mano risposte inedite e negli occhi un’ampiezza di visione da custodire gelosamente.
Francesca Boschetti

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©VaniaBroccoli

Lietta è molto orgogliosa dei suoi gioielli, che indossa con l’eleganza di una nobildonna e la gioia di una bambina.
Lietta is very proud of her jewelry, which she wears with the elegance of a noblewoman and the joy of a child.

©VaniaBroccoli

Renata è un’orfana di guerra. Ha passato tutta la sua vita all’interno dell’istituto, dove ha creato amicizie fortissime. Anche con persone che poi sono venute a mancare e che lei continua a ricordare con affetto e devozione.
Renata is an orphan of war. She spent her whole life within the institute, where she
created very strong friendships. Even with people who later passed away and whom she continues to remember with affection and devotion.

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Le case appese alla parete sono state disegnate da Daniela in poche ore. Le disegna da quando era bambina, sempre uguali e sempre confortanti, rassicuranti.
The houses hanging on the wall were drawn by Daniela in a few hours. She has been
drawing them since she was a child, always the same and always comforting, reassuring.

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l più grande sogno di Cinzia è sposarsi, trasferirsi in una bella casa e creare una famiglia.
Cinzia’s biggest dream is to get married, move into a nice house and create a family.

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Angela è circondata da cavalli, gli animali che lei adora. Alle sue spalle il poster di un paesaggio montano sembra aprire una finestra nella parete della stanza.
Angela is surrounded by horses, the animals she loves. Behind her the poster of a
mountain landscape seems to open a window in the wall of the room.

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Stella avrebbe sempre voluto diventare madre, per questo il bambolotto che stringe fra le braccia non è un semplice giocattolo. Per lei è Francesco, suo figlio. Un bambino che mangia, dorme, piange e si ammala, bisognoso di affetto e che dona affetto.
Stella always wanted to be a mother, that’s why the little doll she holds in her arms is not just a toy. For her it is Francesco, her son. A child who eats, sleeps, cries and becomes ill, in need of affection and who gives affection.

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Maria Luisa ha una grande passione per la moda, mi raccontava sempre di quando i familiari l’accompagnavano a fare shopping e quanta gioia le procurasse. Per questo ha voluto farsi fotografare circondata dai suoi vestiti, come un’indossatrice.
Maria Luisa has a great passion for fashion, she always told me when her family
accompanied her to go shopping and how much joy it gave her. This is why she wanted to be photographed surrounded by her clothes, like a model.

©VaniaBroccoli

Rosanna ha sempre avuto paura degli spazi vuoti ed è molto legata alle sue cose, che custodisce con gelosia e amore. In questa foto sorride nello scatolone che abbiamo costruito e colorato insieme, perché nonostante la stanza sia vuota, lei è al sicuro in uno spazio “pieno”, con le sue bambole.
Rosanna has always been afraid of empty spaces and is very attached to her things, which she guards with jealousy and love. In this photo she smiles in the box that we built and colored together, because although the room is empty, she is safe in a “full” space,
with her dolls.

©VaniaBroccoli

Luisa ha paura della caducità delle cose e per lei elementi inanimati come i gomitoli rappresentano uno strumento sicuro per misurare il mondo. Anche un recinto di rete metallica rappresenta una fortezza, piuttosto che una prigione. E in questa visione parossistica della vita, persino la sua preziosa lente ha un valore simbolico.
Luisa is afraid of the transience of things and for her inanimate elements like balls of yarn represent a safe tool to measure the world. Even a wire fence is a fortress rather than a prison. And in this paroxysmal view of life, even its precious lens has a symbolic value.

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Marnie non sa parlare, ma comunica con lo sguardo. Abbiamo scoperto la sua passione per la danza vedendola provare nel corridoio dell’istituto dei passi che nessuno le aveva mai insegnato.
Marnie cannot speak, but communicates with her eyes. We discovered her passion for dance when we saw her in the corridor of the institute try dance steps that no one had ever taught her.

©VaniaBroccoli

Cristina posa accanto ad una torta gigante, ma mai grande abbastanza considerata la sua passione per i dolci. Ciononostante è sempre pronta ad offrire al prossimo una caramella, una soffice e dolce condivisione.
Cristina poses next to a giant cake, but never quite considered her passion for sweets. Nevertheless, she is always ready to offer her candy to the neighbour, a soft and sweet sharing.

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Abbandonata in tempo di guerra perché la famiglia non poteva mantenerla, da quando Luigina ha ripreso contatti con la sua famiglia ha iniziato a scrivere i diari della sua vita. È molto orgogliosa di indossare una divisa come i militari che l’hanno trovata e salvata.
Abandoned in time of war because the family couldn’t maintain her, since Luigina resumed contact with her family she started writing the diaries of her life. She is very proud to wear a uniform like the soldiers who found and saved her.

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Sabrina è seduta sul suo letto con accanto una bambola di polistirolo, Miss Silvia, l’ultimo esemplare realizzato di una serie di pupazzi che ha costruito nel tempo e regalato ad ogni persona a lei cara.
Sabrina is sitting on her bed with a polystyrene doll next to her, Miss Silvia, the last example of a series of puppets she has built over time and given to every loved one.

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Nel teatro dell’istituto, adagiata su una poltrona che pare un trono levitante, Antonietta non ama muoversi né uscire. Il suo mondo è fatto solo di caramelle e marzapane, del quale ne è la trasognata regina.
In the theater of the institute, lying on an armchair that looks like a levitating throne, Antonietta doesn’t like moving or going outside. Her world is made only of candies and marzipan, of which she is the dreamy queen.

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Francesca è seduta ad una tavola imbandita, signora dall’aspetto austero, eppure regale e tenera in ogni suo gesto. La compostezza e l’accuratezza sono suoi tratti essenziali.
Francesca is sitting at a laid table, a lady of austere appearance, yet regal and tender in every gesture. Composure and accuracy are her essential features.

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Vania Broccoli

Biografia

Dopo aver studiato Scienze Antropologiche presso l’Università di Bologna, consegue un attestato di B/N Fine Art alla Fondazione Studio Marangoni | Centro di fotografia contemporanea di Firenze e si diploma presso l’Istituto Italiano di Fotografia a Milano. Il suo percorso di ricerca fotografica inizia come autodidatta dalle origini del mezzo, ovvero l’analogico in bianco e nero della camera oscura, grazie al quale scopre un mondo magico che sente rappresentarla fortemente. Negli anni il suo linguaggio si evolve in un personale lessico cromatico che, pur sfruttando le possibilità del digitale, è sempre al servizio della composizione fotografica piuttosto che alla post-produzione vera e propria. La sua cifra stilistica consiste nell’equilibrio tra un approccio empatico con soggetti costretti ai margini della vita e una rappresentazione concettuale dei loro mondi psichici, nel desiderio di creare un’osmosi tra artista, soggetto ritratto e pubblico. Recentemente la sua opera si è aperta verso una mise-en-scène metafisica dell’essere femminile, alternando l’interpretazione di intimità soggettuali alla raffigurazione di condizioni più ontologiche.

After studying Anthropological Sciences at the University of Bologna, she obtained a B/W Fine Art certificate from the Fondazione Studio Marangoni | Centro di fotografia contemporanea in Florence and graduated from the Istituto Italiano di Fotografia in Milan. Her photographic research path begins as self-taught by the origins of the medium, that is the black and white analogue of the camera obscura, thanks to which she discovers a magical world that she feels it represents her thoroughly. Over the years her language evolves into a personal chromatic lexicon that, while exploiting the possibilities of digital, is always at the service of photographic composition rather than actual post-production. Her stylistic code consists in the balance between an empathic approach with subjects forced to the margins of life and a conceptual representation of their psychic worlds, in the desire to create an osmosis between artist, portrait subject and audience. Recently her work has opened up towards a metaphysical mise-en-scène of the feminine being, alternating the interpretation of the subjective intimacy with the representation of more ontological conditions.

Hic sunt leones

“Qui stanno i leoni”, questa locuzione latina serviva ad indicare nelle mappe antiche luoghi sconosciuti ed inesplorati nei quali si presupponeva la presenza di belve feroci e mitologiche, tali per cui era sconsigliato anche solo avventurarvici.
Adesso Google Maps ha reso tutto più semplice e oggigiorno, al posto di uno di quegli ammonimenti topografici, appare solo la dicitura “Istituto Palazzolo per Istituti Pii”. Si tratta di una Residenza Sanitaria Disabili con sede a Rosà (VI), gestita con la stessa dedizione dalla Congregazione Suore delle Poverelle e da personale laico altamente specializzato, che in oltre 90 anni di attività ha ospitato prevalentemente donne con forti handicap fisici e psichici, ma anche orfane e suore anziane. Ho scoperto questo luogo nel 2012, durante l’annuale Open Day che ha come scopo quello di farne scoprire la realtà a chi vive all’esterno. Sentii subito l’urgenza di approfondire quell’incontro e possibilmente descriverlo attraverso la fotografia, ma capii anche che una documentazione “empatica” non sarebbe stata possibile se fossi stata percepita come un occhio invisibile o peggio ancora estraneo.
Decisi allora, dopo aver spiegato le mie intenzioni alla coordinatrice dell’istituto, di entrarvi senza macchina fotografica, trascorrendo quattro mesi con utenti e educatrici per conoscerci ed entrare in confidenza. Successivamente iniziai un reportage fotografico che descriveva la quotidianità delle ragazze ospiti, fatta di pomeriggi trascorsi alla TV, laboratori artistici, attività motorie e piccole gite. Ho scattato in questo modo per un anno e mezzo, poi sono andata in crisi.
Durante quel periodo, alcune delle ragazze che avevo fotografato erano nel frattempo morte e mi sono accorta che i miei scatti avrebbero testimoniato solo la loro presenza all’interno dell’istituto, non la loro essenza. Allora capii che invece io volevo raccontare i mondi interiori dentro i quali ognuna di loro viveva.
Ho buttato tutto e ricominciato con un atteggiamento differente, parlando con le utenti (chi in grado) e relative educatrici per cercare di approfondire i desideri, i sogni e le ossessioni delle ragazze ospiti. Sulla base di questi elementi ho “immaginato” delle scene che potessero interpretare in una singola immagine le loro dimensioni più intime.
L’aspetto fondamentale comunque era che le fotografie derivanti non fossero semplici “messe in scena” in cui plasmavo persone non autosufficienti secondo la mia personale visione, ma che le utenti fossero protagoniste attive dell’esperienza fotografica.
Ho iniziato così a ricercare per ogni singola composizione oggetti che fossero di grande valenza simbolica per le utenti, assieme ad alcune delle quali abbiamo lavorato anche alla realizzazione delle scenografie.
Da questo lavoro hanno avuto origine immagini a colori e colorate, nelle quali i soggetti spesso sorridono e offrono orgogliosi all’obiettivo cimeli di mondi magici a cui pochi è permesso accedere.
Forse questa visione potrà sembrare ad alcuni irrispettosa di un ambiente che siamo abituati a vedere con il bianco e nero del dolore, dell’angoscia e della disperazione, eppure (almeno in questo caso) se avessi mantenuto anch’io questa impostazione avrei mancato di rispetto a tante persone che quotidianamente dedicano anima e corpo non a far sì che persone disabili sopravvivano fino al giorno seguente, ma aiutandole a vivere una vita dignitosa e felice entro i limiti posti da traumi e malattie insondabili.
Mancherei di rispetto infine a quelle stesse persone che, pur vivendo in prima persona le conseguenze di tali handicap, in questi tre anni mi hanno insegnato ad accettare il dolore come una tappa e a cogliere la gioia anche negli anfratti più segreti dell’anima.

‘Here are lions’ is the Latin phrase used to indicate in ancient maps unknown and unexplored locations, where wild, mythological beasts were supposed to live, and where venturing was highly discouraged.
Today Google Maps have made everything easier and the inscription “Istituto Palazzolo per Istituti Pii” has replaced those topographic warnings.
This is a nursing home for disabled people in Rosà, Vicenza, which is run with dedication by both the ‘Suore delle Poverelle’ Congregation of Sisters and by highly specialized laic staff. For more than 90 years the nursing home has accommodated primarily women with serious physical and mental handicaps, but also orphaned girls and old nuns.
I came across this place in 2012, in the course of the annual Open Day event, which is aimed to make the outer world discover this reality. I felt instantly the urgent need to learn more about that meeting, and to describe it through photography. At the same time I understood that an “empathic” record would not be possible if I were perceived as an invisible eye or, even worse, an alien eye.
I then decided, after explaining my project to the institute coordinator, to approach the patients and the educators without my camera, spending four months with them and getting to know each other.
Later I started a photographic reportage depicting the daily life of the girls who are the guests of the institute, a life of afternoons spent watching TV, or in artistic workshops, motor activities and small trips. I’ve been shooting this way for one year and a half. Then I got lost.
During that time, some of the girls I had taken pictures of had died , and I realized that my photos would only witness their presence inside the institute, not their essence. So I understood that I wished to express the inner world each one of them lived in.
I got rid of everything and I started again with a fresh mind and a changed attitude, talking with the patients – those who actually could – and their educators, trying to learn more about the girls’ wishes, dreams and obsessions.
In the light of this information I visualized some scenes which might interpret their innermost dimensions with a single image.
However, the most important aspect was that the resulting pictures were not simply mise-en-scènes where I could shape dependents following my personal view, but that the girls were active protagonists of the photographic experience.
So, for each setting, I started to seek objects highly symbolic for the girls, and some of them even helped to tailor the settings.
This work has generated colour and coloured images, in which the persons often smile, proudly offering the camera lens relics of magic worlds very few are provided access to. This view might seem disrespectful of an environment we are used to see through the black and white filter of grief, anguish and despair. Yet, at least here, if I too had retained this approach, I would have disrespected all the people who are daily dedicated to helping disabled persons to live a decent and happy life within the limits set by unfathomable trauma and diseases, not just to survive until the next day.
Finally, I would disrespect the very people who, first-hand experiencing the effects of such disabilities, have taught me for these three years how to accept pain as a step, and to catch the joy even in the deepest secrets of the soul.

Esibizioni

2021
● Enigma esistenziale , Villa Stecchini, Romano D’Ezzelino VI (Italy), curated by Sandro Gazzola
2019
● Bassano Fotografia 2019, Palazzo Bonaguro, Bassano del Grappa VI (Italy)
2018
● Mois de la Photographie, Galerie Ex-Nihilo | LaViolette Gallery, Grenoble
● Trésors d’un monastère, former convent of Muro Leccese (Italy), curated by Yannick Laviolette
● TAG Prize (winner), Rencontres d’Arles | Laviolette Gallery, Arles, curated by Yannick Laviolette
● Il Mostro #10, TAG Tevere Art Gallery, Rome, curated by Luciano Corvaglia
● Artistic residency, Glo’Art, Lanaken (Belgium)
2017
● Semper Mater, Piccola Galleria, Bassano del Grappa (Italy), curated by Pietro Gasparotto
2016
● Hic sunt leones, Piccola Galleria, Bassano del Grappa (Italy), curated by Roberto Mutti
2015
● Hic sunt leones, Photo Festival | Palazzo Turati, Milan, curated by Roberto Mutti
● Immortali, Sabrina Raffaghello arte contemporanea, Milan, curated by Giancarlo Maiocchi
2014
● Set Up Art Fair, Autostazione, Bologna
● Ritratti, FSM Gallery, Florence
2013
● Sapere Aude, Circuito Off | 55th Biennale d’Arte di Venezia, Ca’ Zanardi, Venice
2012
● L’albero, l’uomo e il divino, Atelier Casagrande, Cittadella (Italy), curated by Massimo Casagrande
● Sturm und Drag, Piccola Galleria, Bassano del Grappa (Italy), curated by Mario Guderzo
● Fantasmagorie. Dialoghi con quieti presenze, Dans la rue | Modo Infoshop, Bologna
2011
● Bassano Fotografia 11, Bassano del Grappa (Italy)
● Vania Broccoli, Cantinando, Barile (Italy)
● Anamnesi, Piccola Galleria, Bassano del Grappa (Italy)

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