R. Urbana
by Ernesto Fiorentino
Le città nelle quali viviamo sono organismi vivi, in continua trasformazione. Quando subiscono il degrado, proprio come chi le abita, dimostrano talvolta una capacità di risposta e di recupero, tale da compensare squilibri, mancanze, disarmonie, dando vita ad accadimenti spontanei che ne testimoniano la vitalità e la capacità rigenerativa.
Il progetto fotografico “R. URBANA” di Ernesto Fiorentino nasce proprio dal desiderio di render conto di questa attitudine auto-riparativa, che, grazie all’energia propositiva dei cittadini, i quartieri mettono in atto di fronte all’incuria. È una sorta di abilità interlocutoria: quando subisce un affronto alla propria integrità o alla propria immagine, lei – la città – risponde a tono, reagisce, alza il tiro. E fa sbocciare imprevisti lampi di bellezza, aprendo feritoie che lasciano intravedere nuove possibili riaffermazioni di dignità. Come un corpo, che non si limita ad adattarsi alla malattia, ma sviluppa abilità inedite.
Ernesto Fiorentino di vocazione è un fotografo “urbano”, ma la sua narrazione della città solitamente è di tutt’altra natura rispetto a ciò che ha scelto di fare in questo lavoro. Le visioni che cattura sono composizioni rigorosissime: il suo occhio è calamitato dall’andamento geometrico delle forme, dalla naturale disciplina dei profili architettonici. Nascono così foto in cui regna un ordine scrupoloso, talvolta estraniante, dove le linee sembrano esser state domate, la direzione dello sguardo non risulta mai scontata e la presenza umana è un accessorio raro, sempre a servizio del risultato estetico d’insieme.
«Per affrontare questo progetto, ideato appositamente per IMAGO DIGNITATIS», racconta Ernesto, «ho dovuto lasciare la mia “confort zone” per avventurarmi in un territorio nuovo.
L’obiettivo da raggiungere non è più puramente estetico, ma documentario; il percorso di ricerca è mosso da intenti nuovi, mirati a setacciare esempi che affondano le radici nella fiducia in un futuro migliore e infondono qualche speranza al riguardo. Soprattutto è mutata la direzione del suo sguardo: dall’alto al dentro, dal contenitore al contenuto, dall’architettura ai cuori che la animano ogni giorno.
Anche nell’esecuzione degli scatti è mutato qualcosa di sostanziale, ci spiega: «al posto del silenzio che è la dimensione in cui normalmente lavoro, è sorta la necessità della relazione con la gente». Raccontare storie implica uno scambio, richiede l’ascolto e l’attesa del momento giusto per interagire, instaurare un dialogo e acquisire notizie. Resta traccia visibile di questi incontri nelle lunghe didascalie che accompagnano i “testi visivi”.
In questa veste rinnovata, Ernesto ci conduce in un viaggio ostinato e contrario, alla ricerca di tutte le “ERRE” nascoste, celate, mimetizzate tra le maglie del tessuto urbano. Perché la “R” nel titolo racchiude in sé una molteplicità di significati e di possibili letture, come un passe-partout che apre strade parallele a quelle percorse abitualmente. Resistenza, Riqualificazione, Riappropriazione, Rigenerazione, Revisione, Reinterpretazione, Ribaltamento, Rimodulazione, Ricostruzione, Riconquista. Termini che ribaltano la normale lettura della situazione e offrono nuovi punti di vista.
Se la città fosse un libro Ernesto potrebbe esserne il curatore, colui che sceglie il senso da dare al volume: seleziona le storie, sceglie i “testi” visivi, li organizza e poi li dispone nell’ordine voluto, per far sì che il messaggio e la narrazione siano più efficaci. Lentamente si va creando un mosaico composito che costituisce una mappa di esercizi spontanei di Ri-Creazione urbana. Esperienze spesso portate avanti da un singolo, che racchiudono in sé le potenzialità di espansione di un seme.
Ogni storia, scovata e fermata dall’obiettivo di Ernesto, racconta di un’esigenza diffusa di compensare l’abbandono con piccoli-grandi gesti di riappropriazione del potere di fare qualcosa. Azioni contromano rispetto al degrado crescente, dotate di un potere virale di contagio positivo. Sono segnali di un bisogno diffuso di “qualità” della vita, desideri di una vivibilità riconquistata con determinazione.
Ernesto ci accompagna alla scoperta di queste testimonianze di senso civico e ci invita implicitamente a porre la stessa premura speciale nel non lasciarsi sfuggire i segni del cambiamento. Le strade della città si trasformano così in “pagine” da sfogliare, strutturate in modo anomalo, secondo un ordine compositivo ben preciso, asimmetrico: la “pagina” più piccola, verticale, a sinistra, ospita il frammento cittadino protagonista della storia, la pagina più grande, orizzontale, a destra, contestualizza l’oggetto in questione nell’ambiente circostante.
Roma è “la” città che domina la ricerca di Ernesto: Corviale, Tor Bella Monaca, il Pigneto, Trastevere sono le scenografie che fanno da sfondo alla sequenza di sketch di civiltà attiva. Ma imprevisti spuntano il ponte di Isola del Liri, nel Lazio, e i muri di Arles, città francese che dal 1970 ospita ogni anno la famosa mostra diffusa Les Rencontres de la photographie. Presenze “estranee”, che sono rese riconoscibili dall’inversione delle due “pagine” del racconto (in questi due casi a sinistra il contesto urbano e a destra il soggetto) e che stanno ad suggerire la natura aperta di un lavoro di documentazione che non ha confini invalicabili, ma al contrario può espandersi nello spazio e nel tempo.
La dignità che Ernesto porta allo scoperto è intorno a noi. Forse ci inciampiamo ogni giorno, senza rendercene conto. Eppure lei è lì – nascosta dietro un angolo, incastrata sotto i nostri passi – a testimoniare quanto sia indistruttibile per molte persone il bisogno di non adattarsi, di non restare passivi. Uno spiraglio che si apre a mostrare la voglia di sporcarsi le mani per dichiarare concretamente ciò che si vuole e ciò che non si vuole più.
“R. URBANA” è una mappatura della dignità che nasce dallo scambio tra i luoghi e chi vi dimora: la relazione tra la città e i suoi abitanti alle volte crea bagliori di fronte al buio della dimenticanza.
Francesca Boschetti
Cabina letteraria
Esempio perfetto di riutilizzo urbano è quello portato avanti da Simonetta Cervelli, che ha trasformato una vecchia cabina telefonica inutilizzata in via Pinerolo a Roma, in una piccola biblioteca-BookCrossing, dove ognuno è libero di prendere/posare un libro. La bibliocabina è diventata in breve un punto di riferimento per i lettori del quartiere, ma anche un luogo dove incontrare persone che condividono lo stesso amore per la lettura.
Statue lignee
Saper vedere la bellezza là dove altri vedono un albero reciso, restituire dignità estetica ad una strada o un parco, orfani di un albero che regalava ombra e refrigerio nei mesi caldi. È questa l’opera continua ed intensa di un artista ligneo che ha disseminato Roma con le sue opere, in forma del tutto gratuita e con un modis operandi che si rifà a quello degli street artist.
Ninfeo di Spurio Cassio
Il Ninfeo di Spurio Cassio è uno dei tanti esempi di incuria cittadina, in cui i lacci burocratici impediscono la normale risoluzione dei problemi e che solo la pazienza di persone come Giulio T. è riuscito a districare, a costo di tanto tempo perso e denunce prese. Il Ninfeo di Spurio Cassio era ormai diventato un ricettacolo di immondizie varie e l’incombenza di ripulirlo che ribalzava tra enti pubblici e volenterosi privati cittadini. Il signor Giulio ha provveduto, con le sue mani e i suoi fondi, a pulire l’area intorno ai resti dai rifiuti e dalle erbacce e a mantenerla curata, dandogli così dignità di rovina archeologica e rendendo un luogo unico la strada che la ospita.
“C’è bisogno di colori perché di grigio ne abbiamo già abbastanza”
Tor Bella Monaca, periferia sud di una Capitale che si espande a macchia d’olio in tutte le direzioni con i suoi anemici palazzoni ma non con i servizi necessari a chi li abita. Una persona del quartiere mi ha detto: “qui la gente cammina a testa bassa perché sono abituati al brutto perciò bisogna creare bellezza affinché le persone ritornino a camminare a testa alta”.
Tor Bella Monaca è diventata una fucina di street artist pronti a ridare colore e identità a questo ed altri luoghi.
Cambiare le regole del calcio per cambiare le regole del mondo
Il “Campo dei Miracoli” è ormai una solida realtà sociale, nata a Roma di fronte al “serpentone” del Corviale, ovvero in una delle periferie problematiche della Capitale. Prima un’opera di riappropriazione di spazi lasciati all’incuria, poi la creazione del primo campetto di calcio, diventato punto d’incontro per bambini e giovani del quartiere. Uno spazio efficiente e controllato dove incontrarsi per una partita a pallone. Ma non finisce qui, perché Massimo Vallati, ideatore e realizzatore di questa bellissima realtà, dopo aver ribaltato i paradigmi della periferia urbana, decide di reinventare le regole del calcio: nei suoi campi non esistono panchinari ma a turno tutti devono giocare; ogni giocatore, per quanto bravo, non può fare più di 3 goal a partita, poi deve aiutare i suoi compagni a fare goal; i calci di rigore li batte il giocatore meno bravo; e – cosa fondamentale – non esiste arbitro, affinché tutti siano arbitri di se stessi.
“State a rubbà l’aria ai ragazzini”
Quattro amici “non più ragazzini”, seduti al tavolino a giocare a carte e “a stratracannare a strameledire le donne il tempo ed il governo”, come cantava De André. Non è il solito bar di provincia bensì la superturistica Trastevere. Gli avventori, tutti abitanti del quartiere, hanno preso tavolo e sedie e si sono messi all’ombra di una chiesa che ha smesso di fare messa ormai da anni, ma continua invece a regalare riparo dalla calura estiva a chi fa sosta sul suo uscio. Non è solo una riappropriazione di uno spazio ma anche di un modus vivendi.
“Campo libero” al Pigneto
Come annuncia la scritta all’ingresso del campetto si tratta di un “bene comune di tutela collettiva sottratto all’indifferenza amministrativa e restituito al quartiere”. Praticamente un campetto di calcio riconsegnato alla collettività, dove capita di veder giocare ragazzini del quartiere o, come nel caso di questo scatto, comunità extra-italiane che fanno squadra e si scontrano sportivamente sul rettangolo di gioco. Si sa che l’Italia è un paese democratico fondato sul gioco del pallone, quindi ben venga se l’inclusione e l’integrazione passano anche da un campetto di calcio.
Aiuole urbane
Chi non vorrebbe un giardino davanti casa… anche se vive in città… anche se il giardino è solo di un metro per un metro… Altro esempio di riqualificazione urbana, perché non c’è bisogno di grandi opere, bastano piccoli gesti.
Obbligo di baciarsi
Rallentare la propria corsa sino fermare il passo, assaporare il tempo che continua a correre intorno, farsi catturare dalla bellezza del luogo, stringere la mano della persona che ci è accanto e… forse non è il caso… ormai è desueto… qui davanti a tutti… riappropriarsi del tempo, del luogo e delle labbra del/la nostr* amat*, perché qui non solo si può, ma è obbligatorio baciarsi. Ad Isola del Liri, davanti alle cascate, proprio nel centro del paese, il romanticismo è benvenuto.
Affissi-amo l’arte al muro
Ogni anno Arles ospita uno dei più famosi festival della fotografia. Negli anni, parallelamente al festival ufficiale, è nato il festival OFF, che ormai per dimensioni e importanza fa il paio con il festival ufficiale. Gli artisti che arrivano ad Arles per il festival OFF non hanno grandi possibilità economiche, quindi praticano le “affissioni clandestine” sulle pareti dei palazzi, che durante la manifestazione diventano supporto per le riproduzioni delle opere esposte nelle gallerie. In questo modo possono avere pari dignità espositiva dei lori colleghi più “famosi”. Un utilizzo creativo degli spazi urbani che restituisce e redistribuisce arte, bellezza e visibilità.
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Ernesto Fiorentino
Biografia
Fiorentino Ernesto, aka Kingeston, nasce a Sorrento nel 1971 ma da più di 16 anni vive a Roma dove comincia a frequentare corsi e workshop di fotografia portando la sua passione ad un livello più alto.
Si fa notare inizialmente per le foto di architettura moderna, o se preferite estetica degli edifici, per il suo rigorismo di linee ed ombre e per una personale visione dello spazio. Parallelamente comincia ad indirizzare il suo interesse alla ritrattistica di soggetti “non convenzionali”, realizzando ritratti che sono piccoli viaggi onirici e talvolta claustrofobici.
I suoi lavori trovano spazio in numerose mostre collettive in diverse gallerie romane (Tevere Art Gallery; Spazio Micro Arti Visive; Spazio 40; Circolo degli Artisti) ed una sua foto di architettura ottiene una pubblicazione su una rivista di settore.
Nel 2015 viene selezionato ed esposto per il Concorso Internazionale di fotografia “ImagOrbetello”.
Nel 2017, 2018, 2021e 2022 alcune sue foto sono esposte ad Arles nella Sezione OFF del festival internazionale “Rencontres de la photographies”.
Nel 2017 partecipa a “Convergenze Expo” a Roma col progetto “Vecchi tram” ambientato negli anni ‘50.
Nel 2018 è finalista all’International Sipa Contest di Siena; nello stesso anno il suo progetto “Nuovi Dittatori” viene esposto a “Convergenze Expo” a Roma e in una collettiva in Puglia, che raccoglie linguaggi artistici differenti. Ancora nel 2018 prende parte al progetto “Parole e ombre” dove scrittori e fotografi si confrontano per dare vita ad un connubio tra le due arti.
Nel 2019 espone una foto nel progetto “Ritratto psicologico” inserito nel Mese della fotografia romana, risultando vincitore del Contest. Nello stesso anno risulta finalista e poi vincitore del Dignity Contest, ricevendo una menzione speciale da Francesco Zizola presidente di Giuria.
Nel 2020 partecipa a due edizioni della “Darkroom Project”, organizzate col patrocinio della Regione Lazio in prestigiose location del FAI. Nello stesso anno risulta tra i finalisti di “ImagOrbetello” nella sezione “Ritratti”. Ancora nel 2020 è finalista del Dignity Contest 2020 e la sua opera esposta in una collettiva presso il Museo Crocetti di Roma. Infine partecipa alla seconda edizione del progetto “Parole ed Ombre” che mettere a confronto il mondo della parola (racconti e poesie) con quello delle immagini (fotografie e pittura).
Nel 2021 espone nuovamente a “Convergenze Expo” il suo progetto “Forgotten Nature” che unisce le sue passioni fotografiche, ovvero l’amore per le geometrie e quello per la ritrattistica. Nello stesso anno è finalista al “Sipa Contest” di Siena nella sezione Architettura.
Nel 2022 partecipa a varie mostre in Abruzzo, con il collettivo “Emerging Eyes”, alla quindicesima edizione del “Mostro” alla Tevere Art Gallery di Roma ed ancora ad Arles durante le “Rencontres de la photographies” nella Sezione OFF. Nello anno riceve una “honorable mention” da Monovision per una sua foto in BN e risulta nuovamente finalista al “Siena Contest” nella sezione Architettura.
Fiorentino Ernesto, aka Kingeston, was born in Sorrento in 1971 but has lived in Rome for more than 16 years where he began attending photography courses and workshops taking his passion to a higher level.
He is initially noted for his photos of modern architecture, or if you prefer aesthetics of buildings, for his rigorism of lines and shadows and for a personal vision of space. At the same time he began to direct his interest to portraiture of “unconventional” subjects, making portraits that are small, dreamlike and sometimes claustrophobic journeys.
His works find space in numerous group exhibitions in several Roman galleries (Tevere Art Gallery; Spazio Micro Arti Visive; Spazio 40; Circolo degli Artisti) and one of his architectural photos obtains a publication in a trade magazine.
In 2015 he was selected and exhibited for the International Photography Competition “ImagOrbetello.”
In 2017, 2018, 2021and 2022 some of his photos are exhibited in Arles in the OFF Section of the international festival “Rencontres de la photographies”.
In 2017 he participates in “Convergenze Expo” in Rome with the project “Vecchi streetcar” set in the 1950s.
In 2018 he is a finalist at the International Sipa Contest in Siena; in the same year his project “Nuovi Dittatori” is exhibited at “Convergenze Expo” in Rome and in a group show in Puglia, gathering different artistic languages. Still in 2018 he takes part in the project “Words and Shadows” where writers and photographers confront each other to give life to a union between the two arts.
In 2019 he exhibits a photo in the project “Psychological Portrait” included in the Month of Roman Photography, being the winner of the Contest. In the same year he is a finalist and then winner of the Dignity Contest, receiving a special mention from Francesco Zizola president of the Jury.
In 2020 he participates in two editions of the “Darkroom Project,” organized under the patronage of the Lazio Region in prestigious FAI locations. In the same year he is among the finalists of “ImagOrbetello” in the “Portraits” section. Again in 2020 he is a finalist in the Dignity Contest 2020 and his work exhibited in a group show at the Crocetti Museum in Rome. Finally, he participates in the second edition of the “Words and Shadows” project that compares the world of words (stories and poems) with that of images (photographs and painting).
In 2021 he exhibits again at “Convergences Expo” his project “Forgotten Nature” that combines his photographic passions, namely his love for geometry and his love for portraiture. In the same year he is a finalist at the “Sipa Contest” in Siena in the Architecture section.
In 2022 he participates in various exhibitions in Abruzzo, with the “Emerging Eyes” collective, in the 15th edition of “Mostro” at the Tevere Art Gallery in Rome and again in Arles during the “Rencontres de la photographies” in the OFF Section. In the year he received an “honorable mention” from Monovision for one of his photos in BN and was again a finalist at the “Siena Contest” in the Architecture section.
R. Urbana
Dove la “R” assume più significati come Resistenza, Riqualificazione o Resilienza… No no… Resilienza no che mi è diventata antipatica come parola. Allora diciamo Riappropriazione ma anche Rigenerazione, Revisione, Reinterpretazione, Ribaltamento, Rimodulazione, Ricostruzione, Riconquista.
Le città sono da sempre lo specchio dell’economia che le attraversa con i suoi alti e bassi; crescite verticali e orizzontali delle città hanno spesso supplito ad una necessità abitativa dei suoi abitanti, ma non sempre hanno dato risposte alle esigenze di qualità di vita delle persone che vivevano questa crescita e ancor meno quando c’era una decrescita. I piani di urbanizzazione rispondono a logiche di natura pratica di vivibilità (nella migliore delle ipotesi) o clientelari (nelle peggiori), ma sono sempre e comunque piani scesi dall’alto sulla città stessa e sul quotidiano dei suoi abitanti ai quali rimangono, fondamentalmente, due opzioni, la passiva accettazione o la R.URBANA, che non è una sterile opposizione al nuovo che avanza, bensì significa Riempire quegli spazi lasciati vuoti, Ricucire addosso un vestito preconfezionato, Ridare nuova vita a qualcosa lasciato indietro, Ricolorare le cose perché di grigio in giro, ce n’è già troppo.
Questo progetto racconta piccoli/grandi gesti di semplici cittadini o di associazioni che hanno deciso di dare il loro tempo, le loro capacità, il loro denaro per un’idea diversa di vivibilità della città, il che non vuol dire sostituirsi alle istituzioni (alle quali resta il dovere di fare sempre più e meglio) ma dare il proprio contributo quotidiano al miglioramento collettivo di una specifica area / quartiere. Questo progetto non racconta di supereroi che si mettono al servizio della collettività, bensì di normali cittadini senza superpoteri ma con tanta energia, che decidono di dare il loro apporto, non importa quanto piccolo e modesto, perché – è bene ricordarlo – anche le mura più alte e resistenti sono realizzate sempre e comunque con piccoli mattoni.
R. Urbana
Where the “R” takes on more meanings such as Resistance, Redevelopment or Resilience… No no… Resilience no that I have become disliked as a word. So let’s say Reappropriation but also Regeneration, Revision, Reinterpretation, Reversal, Remodulation, Reconstruction, Reconquest.
Cities have always mirrored the economy that runs through them with its ups and downs; vertical and horizontal growths of cities have often provided for a housing need of its inhabitants, but they have not always provided answers to the quality of life needs of the people who were experiencing this growth, and even less so when there was a degrowth. Urbanization plans respond to logics of a practical nature of livability (at best) or clientelistic (at worst), but they are always and in any case plans descended from above on the city itself and on the daily lives of its inhabitants to whom are left, basically, with two options, passive acceptance or R. URBAN, which is not a sterile opposition to the advancing new, but rather means Filling those spaces left empty, Stitching back on a pre-packaged dress, Giving new life to something left behind, Recoloring things because there is already too much gray around.
This project tells about small/big gestures of ordinary citizens or associations that have decided to give their time, their skills, their money for a different idea of livability of the city, which does not mean to replace institutions (to which remains the duty to do more and better) but to give their daily contribution to the collective improvement of a specific area/neighborhood. This project does not tell of superheroes who put themselves at the service of the community, but rather of ordinary citizens without superpowers but with a lot of energy, who decide to make their contribution, no matter how small and modest, because – it is good to remember – even the highest and strongest walls are always made with small bricks.
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